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Giorno dell Memoria, dopo 75 anni il mondo è pieno di campi di concentramento
Oggi come ieri, milioni di persone sono private della loro libertà per motivi politici, etnici e religiosi
Il 27 gennaio, viene ricordato nel mondo come il giorno della memoria. 75 anni fa, le truppe sovietiche liberarono il campo di sterminio di Auschwitz, la più feroce macchina della morte nazista, mettendo fine al genocidio degli ebrei e la follia nazista di privare della libertà e sterminare 6 milioni di uomini solo perché ritenuti inferiori.
Oggi, però, 75 anni dopo, la storia non è ancora finita, perchè di campi di concentramento, è ancora pieno il mondo.
Dai kwaliso in Corea del Nord ai laogai cinesi, dalle colonie penali australiane all’inferno libico. Ci sono campi di concentramento a Myanmar, in Malaysia, in Bangladesh, dove vivono i Rohingya, un gruppo etnico musulmano cui il governo birmano non ha riconosciuto la cittadinanza, e che ha successivamente perseguitato.
Circa 100mila fra loro vivono ancora a Myanmar, in campi per sfollati circondati dal filo spinato.
Ci sono campi di concentramento anche negli Stati Uniti d’America di Donald Trump.
Come quello di Clint, nel Texas, a pochi chilometri da El Paso e dal confine col Messico, dove nel 2019 sono stati trattenuti 250 minori non accompagnati in condizioni disumane, costretti a dormire sul pavimento, a lavarsi ogni tre giorni, senza dentifricio né sapone, senza alcun programma d’istruzione, in una situazione di emergenza sanitaria.
Ci sono campi di concentramento in Turchia, in cui vivono circa 3,6 milioni di rifugiati siriani.
Bambini, adolescenti e donne abbondano anche nei campi di concentramento in Libia, almeno una ventina dei quali nei pressi della città di Bani Walid. È li che vengono rinchiusi i migranti dell’Africa subsahariana che sognano l’Europa e l’Italia, e che l’Italia e l’Europa si premurano che lì restino. Lì, dove sono gli uomini sono torturati, le donne stuprate di continuo, e dove ciascun prigioniero è una potenziale arma di ricatto per estorcere denaro ai loro parenti lontani, costretti a pagare affinché i prigionieri rimangano in vita.
Chi sfugge a quei campi, se non naufraga prima, arriva in Italia. E anche da noi, in Italia ci sono i campi di concentramento. Hanno nomi diversi, Cie e Cpr, ma non sono altro che quello: strutture di detenzione, in cui vengono rinchiusi i richiedenti asilo in attesa di essere identificati e rispediti all’inferno, contro la loro volontà. Sono 45mila, i migranti detenuti nei nostri campi di concentramento, una cifra tra le più alte di tutto l’Occidente. La lista non finisce qui e si propaga fino in Iraq, Siria, nei Paesi dell’Asia Centrale, in Eritrea e nella Repubblica Centrafricana.
Pensate che mentre noi ricordiamo gli orrori della Shoah avvenuti 75 anni fa, milioni di persone in tutto il mondo questa mattina si sono svegliati vivendo quello stesso orrore.
E l’hanno vissuto ieri.
E lo vivranno domani.