Maranello perde la causa contro il clone Ferrari: non sarà demolito
Il falso è troppo perfetto per essere distrutto: sarà esposto in un museo
Quella della Ferrari contro le imitazione è una guerra aperta da decenni, che probabilmente non avrà mai fine. Il lato “scomodo” dell’essere un mito, l’automobile più famosa del pianeta che tutti desiderano e replicano. A Maranello escono quasi sempre vittoriosi dai contenziosi che riguardano i “cloni”, spesso molto facili da identificare a causa delle caratteristiche tecniche e stilistiche uniche dei bolidi del Cavallino.Quasi sempre, appunto, perché stavolta alla Ferrari è andata male. Già di per sé strano che gli avvocati “in rosso” abbiano perso una causa che riguarda la distruzione di una copia, la ragione di fondo della sconfitta lascia, se possibile, ancor più sbalorditi: il clone è troppo bello per essere rottamato, farà anzi “scuola” a chi i cloni li deve riconoscere.
Le origini della vicenda risalgono al 2008, quando al porto di Genova i doganieri si sono imbattuti in una spedizione molto particolare: una splendida Dino 196/246S del 1958, vettura da competizione prodotta dalla casa di Maranello poco dopo la morte del figlio del Drake ed a lui intitolata (il propulsore V6, tra l’altro, era progettato proprio da Dino Ferrari). Peccato che lo splendido esemplare di Cavallino da corsa non fosse un’autentica Ferrari, ma una copia quasi perfetta dello sport-prototipo emiliano. Gli agenti hanno dunque sequestrato il “tarocco”, procedendo alla confisca del veicolo.
L’Agenzia delle Dogane, inoltre, ha invocato l’Art. 16 della legge 99/2009, il quale dispone che l’autorità giudiziaria possa affidare i beni mobili sequestrati “agli organi di polizia che ne facciano richiesta per essere utilizzati in attività di polizia ovvero possono essere affidati ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici non economici, per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale”. Nella fattispecie, i doganieri intendevano salvare la falsa Dino per esporla al Museo della Contraffazione in modo da poterla mostrare come caso-scuola agli aspiranti ispettori durante i corsi di specializzazione.
Alla Ferrari, però, non erano affatto d’accordo, volevano vedere demolita quella Dino “fake”. Poco importava che la falsa Rossa potesse venire usata proprio per combattere il fenomeno dei cloni e quindi nel pieno interesse del marchio. Considerando la stessa esistenza della replica come dannosa per l’immagine del brand, la casa di Maranello ha richiesto la distruzione della Dino. Si è dunque aperto un contenzioso giudiziario presso il Tribunale di Genova che, a suon di sentenze e appelli, si è trascinato fino all’11 dicembre 2020. Cioè quando la Corte di Cassazione ha dato definitivamente ragione all’Agenzia delle Dogane, costringendo dunque la Ferrari ad alzare bandiera bianca: la Dino contraffatta sarà salvata per svolgere la sua funzione di “istruzione”, contribuendo alla lotta contro i falsi automobilistici.