Ucraina, un mese di guerra e dolore
Era l'alba del 24 febbraio scorso quando ha avuto inizio l'invasione Russa
Il 24 febbraio le truppe di Mosca invadono l'Ucraina che si è svegliata sotto i primi bombardamenti dell'esercito russo. Era un mese fa. «Ho deciso di autorizzare un'operazione militare speciale», ha annunciato a reti unificate, con un messaggio pre-registrato alcuni giorni in anticipo, Vladimir Putin poco prima delle 6 del mattino. L'obiettivo era «smilitarizzare e denazificare il Paese». In quei secondi la storia del mondo è cambiata lasciando spazio a una guerra senza senso che sta uccidendo migliaia di bambini, donne e uomini. Migliaia di giovanissimi militari ucraini e russi.
Da quella mattina sono tantissime le immagini che ci scorrono davanti agli occhi giorno dopo giorno. Ogni foto, una storia. In ogni dettaglio, qualcosa che è cambiato per sempre. Abbiamo subito pensato (o forse sperato) che potesse essere una guerra lampo invece è diventata un massacro, capace di riportare alla memoria orrori che avevamo conosciuto decenni prima. Alle radici della nostra storia.
Invece eccole, le fosse comuni, i civili colpiti mentre tentano di lasciare il Paese, le donne che partoriscono nei rifugi sotterranei, i bambini malati di cancro che chiedono di essere curati, anche nei seminterrati. Le bombe su un centro commerciale a Kiev, i missili su Odessa. L'assedio a Mariupol. I volti degli anziani solcati dalle lacrime, le stesse che raccontano lo sgomento di trovarsi in mezzo alle mura bombardate delle proprie case. Accanto, i corpi senza vita, di ogni età.
Un mese dopo, ricordiamo le parole di Volodymyr Zelensky, diventato il volto della resistenza dell'Ucraina. «Io sono l'obiettivo numero uno, la mia famiglia il numero due, ma io resto qui con la mia gente», ha detto subito dopo l'inizio dell'invasione. «Fermate il nemico ovunque lo vedete. Il destino dell’Ucraina dipende solo dagli ucraini. Nessuno, se non noi stessi, può controllare le nostre vite. Siamo sulla nostra terra, la verità è dalla nostra parte. Non sarà possibile distruggere la nostra determinazione. I missili sono inutili davanti alla nostra libertà».
Il popolo ucraino si è stretto intorno al suo presidente in felpa mimetica e giubbotto antiproiettile e non ha smesso di credere alla forza del proprio Paese. Così oggi, mentre circa 4 milioni di persone (quasi tutte donne e bambini) hanno lasciato il Paese, l'Ucraina continua a lottare.