Lutto nel mondo del calcio, addio a Diego Armando Maradona
"El pibe de oro" si è spento a 60 anni
Due passi in giardino, poi Diego è andato a dormire e non si è più svegliato: il suo cuore tormentato si è fermato mercoledì 25 novembre verso mezzogiorno.
Chi gli è stato vicino, chi l’ha incontrato negli ultimi mesi, chi gli ha voluto bene davvero, dice che è finito il suo inferno, il suo tormento. Perché questo era adesso la vita di Diego Maradona. E questo era diventato lui: un uomo stanco, confuso, svuotato, malato, ormai ostaggio dei suoi demoni e di una vergognosa faida fra clan, tutti a caccia dei suoi soldi, della sua pubblicità, dei suoi slogan. Una caduta nel vuoto cominciata anzi ricominciata due anni fa e accelerata dai troppi eccessi, a partire dall’abuso di alcol, ormai il suo avversario principale, il peggior nemico insieme agli psicofarmaci, dei quali era prigioniero.
Anche quando andava in panchina col Gimnasia, la squadra che lo aveva ingaggiato nel 2019 per rilanciare un’immagine opaca, spesso non era lucido: l’impietosa passerella alla quale lo avevano obbligato nel suo giorno del suo sessantesimo compleanno, il 30 ottobre scorso, aveva fatto il giro del mondo: ai limiti dell’irrispettoso, quasi ad approfittarsi della sua generosità, sconfinata almeno quanto il suo talento. Ma era troppo importante l’ostensione del mito, andava lucidato e portato in processione fino in fondo, fino alla fine, nonostante tutto, nonostante tutti.
Anche la politica ha chiesto la sua parte, con i peronisti del presidente Alberto Fernandez che ne avevano fatto un formidabile testimonial soprattutto per le classi sociali più umili, una nuova Evita, un nuovo Che. A ognuno la sua parte, indifferenti al fatto acclarato che le sue condizioni fossero preoccupanti da tempo, come tutti benissimo sapevano in Argentina.
Perfino le continue rassicurazioni pubbliche successive all’intervento dello scorso 3 novembre per rimuovere un coagulo al cervello somigliavano più a una spietata operazione di marketing che a una reale ricostruzione della situazione. Nonostante le previsioni prositive da parte del medico che lo aveva operato al cervello, la verità è che non stava più bene, Diego. Nella testa, nel corpo e nell'anima. La depressione, la paura del Covid, la vistosa zoppia al ginocchio, infine l’operazione al cervello. Non era un caso che dopo l’intervento si fosse deciso di non farlo tornare nella sua casa di La Plata: troppo pericoloso restare tanto distanti dalla fidata clinica Olivos nel centro di Buenos Aires, dov’era stato operato. Il suo clan aveva così scelto di affittare una villa a Tigre, nell’elegante quartiere di San Andrés, a una quarantina di chilometri dalla capitale, in modo da poter raggiungere rapidamente l’ospedale nel caso di un peggioramento improvviso delle condizioni di salute. Esattamente ciò che è avvenuto. Solo che Maradona da quella casa non è uscito vivo, la morte più dolce, durante il sonno, se l'è portato via. Inutili i tentativi di rianimazione effettuati dal personale medico che lo accudiva ventiquattr’ore al giorno. Un arresto cardiorespiratorio, verso le 12 argentine, le 16 italiane ha privato il mondo di uno dei calciatori più forti della storia.
Oggi la salma di Diego Armando Maradona è arrivata alla Casa Rosada di Buenos Aires, il palazzo presidenziale argentino, dove è stata allestita la camera ardente. "Su indicazione della famiglia - segnala un breve comunicato ufficiale - l'orario delle visite si estenderà fino alle 16 (le 20 italiane di oggi). A Napoli continua, intanto, l'omaggio dei tifosi davanti allo stadio San Paolo. De Magistris: "Già partito lʼiter per dedicargli lo stadio di Napoli"
Diego riposa in pace, te lo meriti.