The Cure, minitour in Italia
Tre tappe per la band di Robert Smith
New wave e pop. Melodie leggere su testi potenti. Alternativi. Ma di successo. Band simbolo di vari generi lungo gli anni '80 e '90. E allo stesso tempo non classificabile dentro nessun genere. Perché loro sono i Cure, e - stando a quanto dice il loro inventore e leader Robert Smith - tanto deve bastare. Di sicuro basta ai loro fan, scesi o saliti a migliaia a Bologna per la loro prima data di quattro in Italia. Pronti, quando le 20.25 scattano, a farsi trasportare in un percorso lungo 38 anni - e poche canzoni in meno. Alla fine saranno quasi tre ore di musica. Una lunga immersione attesa dal 2012, anno del loro ultimo concerto a queste latitudini. Poche note, l'urlo, i cellulari puntati sul palco spoglio. Poi i lapilli bianchi cadenti sul maxi schermo diviso in cinque lunghi rettangoli verticali. E, in contrasto, l'inconfondibile sagoma nera. "Grazie, ciao". Le due parole in italiano con cui saluta i quasi 15mila spettatori (sold out, come sold out sono le altre date italiane) dopo il primo brano, 'Plainsong', preludio alla prima delle hit, 'Pictures of you'.
Da qui le canzoni si rincorrono fluide, quasi che quella portata a Bologna fosse l'unica scaletta che presentano live.
E non è così: quella proposta ogni sera da Smith, Simon Gallup (basso), Jason Cooper (batteria), Roger O'Donnell (tastiere) e Reeves Gabrels (chitarra) è sempre una tra le tante possibili vie che può prendere il loro repertorio. Una scelta fatta in giornata, pescando da quasi tutte le stagioni del gruppo. Partendo da album come 'Disintegration' (che stasera ha aperto e chiuso la scaletta del concerto prima dei tre gruppi bis) alla rottura con i suoni da '80 leggeri. Un passaggio prima di scivolare verso 'Just like heaven'. Dopo il primo rientro in scena, c'è anche lo spazio per festeggiare il compleanno di O'Donnell, con un "happy birthday" improvvisato da Smith e pubblico, per poi ripartire con 'At Night', "un brano di Seventeen Seconds. Quando tutti eravamo più giovani", e qualcuno, tra il pubblico, nel 1980 non era ancora neppure nato.
In realtà quello dell'età, per il 57enne Smith, sembra non essere un problema vista la forza della voce e la capacità di tenere un palco in cui a tratti la scenografia è fatta solo di fasci di luce che cadono dall'alto o si allungano a illuminare il pubblico delle prime file e poi quello tutto intorno che riempie per intero l'Unipol Arena. Il terzo gruppo di bis, quello che porta alla fine vera, è dedicato alle hit da urlare e portare a casa: 'Lullaby', 'Friday I'm in love', 'Boys don't cry' poi 'Close to me' e 'Why can't I be you?'. Ora toccherà alle altre due città coinvolte nel tour. Roma, domani. E Milano, l'1 e 2 novembre. Poi i Cure si lasceranno di nuovo l'Italia alle spalle.(ANSA)