Claudio Baglioni: «Il mio soprannome da ragazzo era Agonia, per via di un certo tono esistenzialista»

Mercoledì, 05 Aprile 2023. Nelle categorie Primo Piano, Musica, Notizie

Claudio Baglioni: «Il mio soprannome da ragazzo era Agonia, per via di un certo tono esistenzialista»

«Faccio canzoni malinconiche perché sono nato difettoso»

«Mille lire. Mi fecero suonare tre canzoni in una serata di avanspettacolo al cinema Espero a Montesacro. Dopo portai i miei genitori in pizzeria, volevo pagare io, ma i soldi non bastarono. Avevo quindici anni. Mi presentai con gli occhiali, vestito da cassamortaro. Nel retropalco mi passavano davanti soubrette dai seni prosperosi, non le guardavo per paura di metterle in imbarazzo».
L'iconico Claudio Baglioni si racconta in una recente intervista. Nella quale dice che il film sui suoi concerti a Caracalla «sarà nelle sale dal 15 al 17 maggio. L’estate scorsa mi sono esibito dodici volte a Caracalla, un fondale magnifico. Sognavo di farlo da trent’anni. L’ho realizzato con il Teatro dell’Opera di Roma, sotto la direzione artistica di Giuliano Peparini. Sul palco c’erano 123 tra musicisti, coristi e performer». Mentre in autunno, racconta a Concetto Vecchio, comincia il suo tour: «Torno sulle scene con il nuovo spettacolo a TuttoCuore: dal 21 al 30 settembre sei date al Foro Italico a Roma, dal 5 al 7 ottobre tre date all’Arena di Verona e dal 12 al 14 ottobre tre date al Velodromo Paolo Borsellino di Palermo». Nel colloquio parla della sua infanzia: «Mamma aveva un suo talento estetico, che mi ha trasmesso. Ancora adesso quando entro nelle case degli altri ho la tentazione di spostare il posacenere o di raddrizzare i quadri alle pareti».
Ricordando la sua giovinezza romana a Centocelle: «Ambivo a partecipare alle feste di quelli del centro. Ogni tanto c’invitavano e quindi partivo con i miei amici. Ero l’unico che studiava, gli altri lavoravano già: c’era un elettrauto che chiamavamo Il Galleggiante, un meccanico detto lo Spinterogeno». Lui invece era soprannominato «Agonia, per via di un certo tono esistenzialista». Dice che la sua canzone “meglio riuscita” è “Mille giorni di te e di me”. E che quando ha registrato l’album che è diventato il suo più grande successo, “La vita è adesso”, era convinto che sarebbe stato un flop: «Non c’è un ritornello, troppe parole. Non funzionerà». Alla fine ha venduto 4 milioni e mezzo di copie. Degli italiani dice di aver capito che «siamo anarchici mammoni. Abbiamo sempre bisogno di qualcuno che si occupi di noi: il sindaco, il parroco, il presidente della Repubblica. Pulcini che cercano una chioccia».
Baglioni ha parlato del Festival di Lampedusa “‘O Scià“, in cui si proponeva di accendere i riflettori sui migranti: «Io andai anche al Parlamento europeo, e poi a Malta, dove inizialmente ci accolsero con freddezza. I politici, dopo un iniziale interesse, si sono eclissati». Dice di aver vissuto con dolore tragedie come quella di Cutro: «Sull’accoglienza non si possono avere dubbi. E quando sento dire che se la sono cercata mi vengono i brividi».