Adele regina dell'Arena di Verona
Due uniche date italiane che passeranno alla storia
Adele si conferma regina assoluta sul palco dell'Arena di Verona. Erano in quindicimila per lei sabato, con altre migliaia di fans assiepati fuori, pur di carpire qualche brandello del primo dei due concerti (l’altro è stato ieri sera). Biglietti esauriti in tre ore dalla prevendita e rivenduti dai bagarini elettronici a prezzi stellari: fino a 6.600 euro per la prima fila. Ma Adele non ha deluso quanti hanno fatto sacrifici per ascoltarla: è entrata nell’anfiteatro partendo dal fondo della platea, una passerella nel tripudio dei cellulari, mentre sul maxischermo veniva proiettata l’immagine del suo volto ad occhi chiusi. Quando li ha riaperti ha preso a cantare "Hello", la leggendaria hit apripista per una scaletta che i criticoni a tutti i costi temevano fosse depressiva. Adele ci ha scherzato su: «Sapete che non ho molti brani allegri nel repertorio, vero? Questa sarà una seduta di pianto, allora!». Ma non è stato così, perché la 28enne cantante inglese si è dimostrata - oltre che una eccezionale perfomer - anche una giocosa intrattenitrice. Ha spesso sollecitato il pubblico con storielle, aneddoti, battute. Ha rivelato che «un moscerino mi è entrato nell’occhio, ed è ancora qui!», ha raccontato di «aver mangiato qui a Verona una pizza che per voi italiani non sarà forse il top, ma per me era buonissima», ha sorseggiato miele da una tazzina posata sopra un tavolino sul palco «perché sto cercando di essere professionale, ma se non fossi in tour verrei a bere un bicchiere di vino con te», ha detto indicando un ragazzo. Ha letto i cartelli che il pubblico le mostrava, esultato per una proposta di matrimonio ricevuta da una fan nel mezzo dello show («Ma tu gli hai detto di sì, vero?»), e ha chiamato accanto a lei due emozionatissime adolescenti, sottoponendosi a una laboriosa session di selfie grazie a un telefonino prestato da un altro giovane. Ha persino coinvolto l’Arena a cantare "Happy birthdate" per la sua migliore amica, «anche se quella stronza non era venuta ad ascoltarmi a Berlino».
Ma il cuore di tutto è stata, naturalmente, la grande musica di Adele, quella che nel giro di tre album l’ha trasformata in una superstar da decine di milioni di copie. La diva della porta accanto ha puntato su un allestimento live semplice (il megaschermo incentrato su di lei, con eleganti riprese in bianco e nero) e un gruppo di una ventina di elementi, tra band, coriste e sezione d’archi. Nessuna ridondanza da baraccone pop: bastava la sua voce, quella con cui ha snocciolato, in assoluta sicurezza, tutte le perle del suo repertorio, da "Hello" sino all’ultimo bis di "Rolling in the deep", passando per una strepitosa versione minimalista della "Skyfall" bondiana che le era valsa l’Oscar, un set acustico con "Million Years Ago" e "Don't You Remember", la cover dylaniana di "Make you feel my love" (scelta perché, ha svelato, «ne lessi il testo e mi aveva fatto piangere»), la poco eseguita dal vivo "Love in the dark" via via fino ai successi su cui si è fondato il recente mito di Adele: "Chasing pavement" e quella "Someone like you" che - questa sì - commuove tutti ad ogni ascolto, tanto da aver spinto neurologi e psicologi a studiare questo effetto automatico sulle sacche lacrimali. Alla fine, una pioggia di bigliettini è stata sparata sul pubblico: su ciascuno di essi era scritto "Grazie per essere venuto". Ne valeva la pena, in ogni caso.