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Trump vieta alle trasgender di partecipare alle gare femminili
«D’ora in poi, gli sport femminili saranno solo per le donne»
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo per vietare alle ragazze e alle donne trans di competere nelle squadre sportive femminili, quelle che corrispondono alla loro identità di genere. Le scuole o le associazioni sportive che non lo rispetteranno perderanno i finanziamenti federali. È il più recente di diversi provvedimenti con cui Trump, insediatosi da poco più di due settimane, sta abrogando leggi che erano state introdotte per aumentare i diritti delle persone della comunità LGBTQ+.
Poco prima di firmare l’ordine, circondato da decine di ragazzine, Trump ha detto che «d’ora in poi, gli sport femminili saranno solo per le donne». Il presidente ha citato anche le Olimpiadi che si terranno nel 2028 a Los Angeles dicendo che la sua amministrazione «non resterà a guardare mentre gli uomini battono le atlete», e che respingerà «tutte le domande di visto presentate da uomini che tentano di entrare negli Stati Uniti in modo fraudolento, identificandosi come atlete».
Trump ha anche citato il caso della pugile algerina Imane Khelif, che aveva vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Parigi, dopo essere stata al centro di un caso internazionale per via del suo aspetto mascolino: Khelif era stata indicata da molti come atleta trans, anche se non sono mai risultate prove che lo confermassero (secondo l’opinione più condivisa, che lei comunque non aveva confermato, è che sia intersessuale).
Nel suo primo giorno da presidente Trump aveva firmato un ordine esecutivo con il quale chiedeva a tutte le agenzie federali statunitensi di riconoscere soltanto il genere maschile e quello femminile, e di riflettere questa posizione su tutti i documenti, tutte le politiche (incluse quelle sull’assegnazione dei detenuti nelle prigioni federali) e tutti i contratti. Aveva inoltre ordinato la chiusura di una serie di programmi sul rispetto della diversità all’interno del governo e revocato misure introdotte per tutelare le persone trans sul posto di lavoro.
Entrambi gli ordini contro le persone trans, e le loro conseguenze, sono stati criticati fortemente da molte organizzazioni per i diritti umani, secondo cui hanno l’intento di marginalizzare ulteriormente una delle comunità più vulnerabili dal punto di vista economico e sociale.
L’inclusione delle atlete trans nelle squadre e nelle competizioni sportive femminili è uno degli argomenti più dibattuti dello sport contemporaneo. L’estendersi delle sensibilità e delle riflessioni sui diritti delle persone trans è proceduto più rapidamente rispetto alla formazione di opinioni condivise, e sostenute da dati scientifici, su quale sia il modo migliore di includere le donne trans nelle competizioni agonistiche senza penalizzare le donne che si identificano come tali e sono nate di sesso femminile (cisgender). Le atlete trans, infatti, possono avere alcune caratteristiche fisiche ereditate dalla pubertà maschile, come la densità ossea e muscolare, la grandezza degli arti o la capacità polmonare e cardiaca, che possono dare un vantaggio in una competizione femminile.
In mancanza di regolamenti certi e univoci ci sono state parecchie divisioni, soprattutto in ambiti giovanili e specialmente in Nord America, dove i casi di atlete trans che hanno ottenuto successi nelle competizioni femminili sono stati più che altrove. Ai più alti livelli del professionismo, invece, i casi sono stati rari. Il criterio che si è affermato di più negli ultimi anni per stabilire se un’atleta può competere nelle categorie femminili o no è quello che si basa sui livelli di testosterone, l’ormone presente in quantità maggiore negli uomini e che segna la differenza principale tra i due sessi a livello ormonale.