Shakira premiata per il suo impegno umanitario
"Dobbiamo intervenire laddove i governi falliscono"
Il suo sorriso, la sua bellezza conturbante, la sua voce che incanta, il suo carisma in un palcoscenico ma soprattutto la grande generosità d'animo nel quotidiano, hanno portato Shakira a diventare la regina di Davos. Nella vita «Qualcuno dirà che me la prendo davvero molto a cuore ed è vero», confessa la superstar colombiana, che vale 125 milioni di copie vendute. In effetti parla con passione e giustifica la foga dicendo «so bene che possiamo fare miracoli». È quello proprio quello che serve, un miracolo. Per placare i conflitti, per ridare speranza a chi non l’ha. È il messaggio che, con forza, ha lanciato durante il World Economic Forum che ha aperto il suoi lavori a Davos, in Svizzera, evento che calamita i potenti del mondo, cerca di farli dialogare. Shakira è una ferrea sostenitrice a livelo mondiale dell'educazione e sviluppo della prima infanzia nonchè ambasciatrice Unicef. In più , nel 1997 ha creato la fondazione "Pies Descalzos" (Piedi Scalzi) con l'obiettivo principale di promuovere l'educazione pubblica di qualità per i bambini di Colombia meno agiati e collabora con ALAS, una organizzazione senza scopo di lucro che promuove lo sviluppo integrale sempre nell'ambito di dare una giusta istruzione a i più piccoli. Durante la premiazione del Crystal Award per il suo impegno umanitario, l'artista ha sottolineato che ci sono più di 250 milioni di bambini minori di 5 anni con il rischio di non poter svilupparsi sia a livelo fisico che intellettuale. Con lei anche l’attore Forrest Whitaker, e la violinista Anne-Sophie Mutter. Tutti e tre ostentano un sincero e profondo impegno per colmare le diseguaglianze che minano il futuro di troppi (parole della musicista tedesca). «Dovremmo usare il meglio dei cervelli del mondo degli affari per intervenire e raddrizzare gli equilibri», è l’appello di Shakira. «L’istruzione batte le diseguaglianze a Tijuana, in Sudan come in Uganda», insiste Whitaker, la cui fondazione è attiva nei tre Paesi.
«Dobbiamo intervenire laddove i governi falliscono – s’impegna la cantante colombiana –: non per prendere il loro posto quanto per rimetterli a fare il loro dovere». Se parole e risoluzioni potessero essere mangiate sarebbe la fine della fame, prova a dire la Mutter. Tutti parlano come avrebbe parlato Obama, ottimisti e determinati. Per ascoltarli occorre l’ottimismo della buona volontà, mentre la ragione ricorda che siamo in un «mondo Trump». E che anche questi appelli pesanti, visto che le parole non si mangiano, potrebbero non finire mai su un menu in Africa come in Asia o Sud America.